Il pollice fantasma
In chiusura della (splendida) mostra su Dorothea Lange, che si è tenuta presso il Museo Civico di Bassano del Grappa, vorrei fare una considerazione sulla foto più iconica della mostra e — forse — dell’intera carriera della Lange: Migrant Mother.
La foto è senza dubbio un capolavoro. È tecnicamente solida. È emozionante, molto. È una seria e autentica documentazione di un momento sociale terribile, al tempo stesso spassionata eppure intima e compassionevole. Secondo me spunta tutte le caselle giuste in un genere così importante e centrale per questa rivista.
Quella esposta a Bassano è poi stampata alla perfezione, della dimensione giusta e corredata da un testo che illustra il momento e dalle altre foto, stampate più piccole, che Dorothea scattò alla stessa scena, avvicinandosi gradualmente fino a catturare il momento decisivo.
Però — forse proprio perché la foto è stampata così bene e così grande, e perché è così intensa da richiedere una lettura molto attenta anche dei dettagli — qualcuno può notare, in basso e a destra, un particolare curioso.
Ebbene sì: è proprio un pollice, ma è diafano, semi-trasparente. È un pollice fantasma, che fa di tutto (ma senza riuscirci) per confondersi e mimetizzarsi con il paletto a cui la madre si appoggia con la mano sinistra. È il risultato di un fotoritocco, di una mascheratura in camera oscura. Oggi in digitale il pollice non avrebbe lasciato traccia, ma in camera oscura l’efficacia delle mascherature e dei fotoritocchi non era così assoluta.
Dietro questo pollice fantasma c’è una storia interessante e sintomatica di due modi di intendere la fotografia: quello realista e oggettivo, e quello estetizzante e direi impressionista.
Dorothea Lange scattò Migrant Mother nel 1936, su incarico della Farm Security Administration, guidata da Roy Stryker. L’originale, sviluppato, stampato e pubblicato dalla FSA all’inizio del 1937 e oggi meno famoso e più difficile da trovare, è sensibilmente diverso da quello esposto a Bassano e diffuso ovunque:
Ha un crop differente, più stretto, e una gamma tonale più compressa e in generale con una leggera sottoesposizione, in confronto. Ma, soprattutto, presenta il famoso pollice in tutta la sua fisicità.
Dalle altre foto più ampie scattate precedentemente da Dorothea sappiamo che la madre è seduta sotto una tenda di fortuna riparandosi dal caldo e dal sole del pieno giorno. Possiamo immaginare, quindi, che effettivamente ci sia un notevole contrasto di esposizione tra il pollice e il fagotto in basso, che ricevono parte della luce esterna, e lo sfondo, il volto e i bambini, più in ombra. Quindi questa foto è stata probabilmente sviluppata senza troppe manipolazioni o mascherature, a differenza della versione più famosa, che per rendere così luminoso il volto della donna che pure sta in ombra è stata sicuramente stampata con grande attenzione e perizia.
Come mai queste differenze?
Stryker era famoso per selezionare personalmente i negativi dei suoi fotografi, punzonando irrimediabilmente quelli che non gli piacevano. Quest’abitudine era ovviamente mal tollerata dai fotografi stessi, e dalla Lange in particolare.
Nel 1937 Dorothea fu però in grado di negoziare con la FSA un trattamento particolare: di poter cioè stampare in proprio i suoi negativi, grazie al fatto che lo stampatore in questione sarebbe stato nientemeno che l’arci-famoso Ansel Adams, amico di lunga data di Dorothea e quindi garanzia di qualità.
Adams era, oltre che un grande paesaggista, un mago della camera oscura, ossessionato dai dettagli e dalla tecniche di mascheratura. La stampa di alcuni suoi capolavori aveva delle ricette di mascheratura così complesse da richiedere ore. Per Adams una fotografia era essenzialmente un’opera estetica, un magico bilanciamento di elementi e di toni. In quest’ottica, tutto ciò che “disturba o distrae” va eliminato o mediante crop o mediante mascheratura.
Ecco quindi che, quando nel 1939 (tre anni dopo) Adams si trova a stampare la versione più famosa di Migrant Mother lo fa con le sue tecniche e con il su approccio. La foto è indubbiamente migliore, la scala tonale è perfetta e la vividezza del momento ne guadagna. Ma Ansel si lascia prendere la mano e prova a togliere quel pollice che chissà perché lo disturba.
Pare che Stryker — notoriamente un tipo fumantino — sia andato su tutte le furie quando si è accorto della manipolazione. Poco dopo, all’inizio del 1940 Dorothea Lange fu definitivamente licenziata dalla FSA, ufficialmente a causa di tagli al budget (ma altri fotografi mantennero il posto). La FSA fu definitivamente dissolta nel 1946.
Aveva ragione Adams, e ogni dettaglio che stride o distrae va eliminato (e oggi con le tecniche AI è particolarmente semplice farlo) pur di rendere visivamente e esteticamente perfetta l’immagine; oppure aveva ragione Stryker, e una fotografia non è un’immagine qualsiasi ma deve cercare di essere più onesta e sincera possibile?